Un amico del Midwest mi ha chiesto se uno sciamano ci potrebbe aiutare nella crisi presente.
Dato il protagonismo del presidente [Trump] e la corsa per accaparrarsi carta igienica ed armi, sembra una domanda ragionevole. Ma tutto dipende da quale tipo di sciamanesimo, e che tipo di aiuto.
Lo sciamanesimo non è un sostituto della scienza per quanto riguarda la virologia, ma, come arte performativa che sprigiona l’immaginazione, potrebbe alleviare il panico, alleggerire l’isolamento sociale, e promuovere la coesione. Come un Evento, che potrebbe anche non aver scalfito il Pentagono durante la guerra in Vietnam, ma ha rafforzato l’immaginazione che ha portato alla fine di quella guerra. Durante Occupy Wall Street per il centro di New York si sentiva odore di salvia, bruciata nelle modalità apprese dallo sciamanesimo Nativo Americano. Cercando di resistere all’uomo bianco, dalle montagne rocciose alle pianure, gli adepti della Ghost Dance furono massacrati, ma adesso anche l’uomo bianco ha bisogno di formare il cerchio magico, di comporre canzoni, e di iniziare a danzare. E un cerchio magico sarà di certo, visto che ora siamo in stretto isolamento.
I melancolici dipinti di portici e strade romane senza persone di Giorgio de Chirico non sono meno sciamanici, e catturano l’aura che Benjamin trovò nelle fotografie di Atget, delle strade di Parigi, anch’esse senza gente. Essere soli nelle città dalle strade e piazze vuote è più sciamanico della ‘realtà’.
Con il suo cresciente interesse per le epidemie virali e parole come ‘virus mutanti’, William S Burroughs porrebbe certamente la stessa domanda del mio amico, specialmente a riguardo della sua nozione di ‘città composita’ come mosaico di forme favolose. Per lui tutto cominciò nel 1953 con il suo incontro rivelatorio, quando prese l’allucinogeno yagé (ayahuasca) con degli sciamani nella regione del Putumayo nel sud-est della Colombia, dove io mi recai annualmente, dal 1972 al 1999.
Le proprietà fantasmatiche delle pandemie virali nella narrativa che ne seguì, sono parallele alla sua esperienza di yagé con gli sciamani. La sua era una curiosità da scrittore, e divenne pochi anni dopo un metodo cosciente di ritagliare immagini, e con quelle di affrontare il Controllo, spirituale non meno che politico.
Come con la yagé, i ‘ritagli’ erano pensati per connettere il linguaggio con il corpo in perturbamenti galvanici di relazioni soggetto-oggetto, per le quali la canzone priva di parole e lunga una notte è essenziale.
Lo sciamanesimo è primariamente un mezzo per tamponare le dicerie e la paranoia. Eppure dipende anche da questo.
Chi sta stregando (si legga infettando) chi? Fox News e Trump sono abbastanza bravi a questa guerra sciamanica. Da qui il nostro bisogno di un’alternativa. Non è una scelta ma una necessità.
La yagé séance è un piccolo gruppo di esorcismo teatrale non sceneggiato della malevolenza che lo stregone proiettava dentro le persone. Il sollievo dipende dalle visioni che fluiscono dentro come una sostanza blu, raccontando storie, e le sensazioni ferocemente viscerali, che ricorrono in ritmi ondulati con il divino ronzio dello sciamano, il ronzio del mondo che si risveglia.
Che si possa raggiungere qualcosa come questa in una situazione di distanziamento sociale e lock-down? Riuscite, nella vostra solitudine a inventarvi dei repertori di immagini e musica, tipo Alice Coltrane, così da approcciare la paura interiore con il Global Meltdown? Ecco il punto: per via della pandemia le porte della creatività sventolano spalancate. Dobbiamo diventare gli sciamani di noi stessi.
Un tropo importante della yagé, per me e penso per i miei amici Putumayo, era quello di vedere l’esperienza sciamanica come un viaggiare attraverso lo ‘spazio della morte’. Dante ne presentò una versione, ma la sua è notoriamente simmetrica ed ordinata. Lo spazio della morte nella yagè non lo è.
La magia sciamanica di oggi deve molto alle proiezioni coloniali del potere magico sul primitivo.
Cosa che, combinata con la sensazione, alle volte terrificante, di morire sotto l’influenza della yagé, mi ha fatto pensare alla conquista iberica dell’America Latina come un mettere insieme i magici mondi sotterranei dell’Africa, la penisola iberica e l’America indigena. Nella mia valutazione, analoga alle pratiche storiografiche di Walter Benjamin e Aby Warburg, ciò vive oggi come forza occulta, per quanto facilmente abusata da persone che cercano una cura sciamanica, incluse dozzine di sciamani stessi.
La domanda del mio amico implora un quadro generale. Come abbiamo guardato al cambiamento climatico?
Una opinione è che in Occidente tempo fa abbiamo disincantato la natura.
Ma ciò che la domanda apre è il pensiero che con il global meltdown viviamo ora in un universo re-incantato, per il quale l’estetica del surrealismo oscuro (Dark Surrealism) è rilevante. E’ una realtà mutante di sublimità metaforica, che non ti fa mai sapere cosa è reale e cosa no. Nato dalla prima guerra mondiale, c’è molto Dada anche qui, con i suoi effetti scioccanti e i montaggi. Ci avevano detto che la borghesia si era stufata di tutto ciò. Ma ora, non sono il Dadaismo e il surrealismo tornati per vendicarsi? Prima era un’avanguardia che sprofondava nella storia. Ma ora, con il re-incanto della natura, la storia sta sprofondando nel Dada, e non è così noioso, con i cigni e delfini che appaiono (così si dice) nell’acqua ora chiara dei canali di Venezia, dove le persone muoiono in quantità e la ‘‘Morte a Venezia’’ ritorna come un Eterno Ritorno mentre i turisti fuggono, nelle loro navi da crociera pestilenziali in un replay del Grande Confinamento di Foucault.
Forse la cosa più strana di tutte sono le maschere del medico della peste, in vendita fino al lock-down negli onnipresenti negozi turistici di curiosità a Venezia, per lo più proprietà di cinesi. È una maschera inquietante con un lungo becco del quale non potevo trovare il senso. Ora lo capisco. Il becco era l’equivalente del quindicesimo secolo della mascherina chirurgica di oggi (e le persone pensano che la teoria dei germi sia moderna!). Era riempito con dolci fiori profumati. Un disegno di Paul Hirst nel 1721 è a dir poco spettrale. Mostra una maschera col becco del medico della peste con occhialoni giganti e un camice largo, così esageratamente largo che potrebbe racchiudere l’universo. È l’epitome della peste nera e del Corona virus. Questa sarebbe la magia simpatetica di effetti simili come se il quindicesimo secolo incontrasse l’oggi.
Ovviamente erano molto superstiziosi a quel tempo, non come oggi che le persone si precipitano per la carta igienica e le armi.
Dal momento che le persone stanno morendo, il papa ha giusto annunciato che puoi confessarti direttamente a Dio. I cantanti dell’Opera sprigionano le arie dai loro balconi. Sembra come lo sciamanesimo che stavo descrivendo; sontuose immagini nello spazio della morte come il divino brusio della candela nella notte, che regola l’anima nel nostro mondo re-incantato.
Lo sciamanesimo coesiste con la medicina allopatica, con la penicillina e le macchine per la dialisi, per esempio. Non è o l’uno o l’altra. Ciò che manca a quest’ultima, in ogni caso, insieme alla politica economica, è il brusio divino dell’universo reincantato, che apre le porte della percezione, così come fa il virus. Questo è quel che dirò al mio amico.
titolo alternativo: Lo sciamano di Tom; apparso per la prima volta il 30 marzo 2020 su Critical Inquiry: https://critinq.wordpress.com/2020/03/30/would-a-shaman-help/?fbclid=IwAR3P9Rw8p3E6rqGAnQSUjae9y9r0fYUkm1JZJa0r67nLCZ6AlBa6XOtTd3g